Consiglio Pastorale Parrocchiale

L’attuale Consiglio Pastorale è decaduto per scadenza del mandato e non é stato possibile rinnovarlo per la nota situazione del Coronavirus.

Il Consiglio Pastorale ha un duplice fondamentale significato: da una parte rappresenta l’immagine della fraternità e della comunione dell’intera comunità parrocchiale di cui è espressione in tutte le sue componenti, dall’altra costituisce lo strumento della decisione comune pastorale, dove il ministero della presidenza, proprio del parroco, e la corresponsabilità di tutti i fedeli devono trovare la loro sintesi.
Il consiglio pastorale è quindi realmente soggetto unitario delle deliberazioni per la vita della comunità, sia pure con la presenza diversificata del parroco e degliè altri fedeli. […] I fedeli, in ragione della loro incorporazione alla Chiesa, sono abilitati a partecipare realmente, anzi a costruire giorno dopo giorno la comunità; perciò il loro apporto è prezioso e necessario.
Il parroco, che presiede il consiglio e ne è parte, deve promuovere una sintesi armonica tra le differenti posizioni, esercitando la sua funzione e responsabilità ministeriale.

(dal Sinodo 47° – Diocesi di Milano)

COSA SIGNIFICA ESSERE CONSIGLIERE?

È molto importante l’atteggiamento con il quale vivere questo compito nella comunità. Imparare ad essere un consigliere del C.P.P. significa riconoscere che:

  • Gesù Cristo è il centro, il punto di riferimento obbligato. È Lui che guida, fa vivere e salva la Chiesa.
  • La salvezza è personale, ma si realizza in una comunità: Cristo risorto è presente nella Chiesa. Un cristianesimo solitario, staccato dalla chiesa, è un cristianesimo che rischia seriamente di soccombere. Le caratteristiche della nostra comunità cristiana non le abbiamo scelte noi; ce le siamo trovate, ma ora sta a noi costruirla insieme, perché sia sempre più secondo il cuore di Dio.
  • La chiamata alla salvezza è per tutti gli uomini, di ogni popolo, razza e tempo. Non ci si può chiudere nel proprio gruppetto, ma bisogna imparare ad aprirsi a tutti.
  • Siamo chiamati ad un servizio umile, disponibile a dare a Dio e ai fratelli tempo, intelligenza, doti, senza niente chiedere.
  • La crescita del seme della parola ha tempi lunghi e spesso misteriosi, che richiedono una pazienza ostinata, ad immagine di Dio che è paziente con noi. La mentalità del tutto e subito non è una mentalità ecclesiale, non costruisce in profondità, non realizza la comunione.
  • Ciascuno di noi è corresponsabile: bisogna evitare la facile delega al clero o agli altri (riservandosi magari il diritto di criticare chi, perlomeno, ha avuto il coraggio di “sporcarsi le mani”). Si tratta di assumere impegni concreti in relazione al proprio tempo e alle proprie possibilìlà.
  • Non si fa parte del C.P.P. per rivendicare soltanto diritti, ma per assumere i propri doveri e portarli a termine.
  • Si cresce e ci si educa tutta la vita e non solo nella stagione della giovinezza: la formazione spirituale è permanente. Nella vita spirituale o si va avanti o si torna indietro: non è possibile rimanere fermi; non è possibile vivere di rendita.